Donata Columbro


Ho “conosciuto” Donata in una sua passeggiata per Rione Monti, sarà che io ero incinta e lei aveva un Filippo appena nato in fascia, sarà che ho capito che era una romana da poco, ma mi ha incuriosito e ho iniziato a seguirla su IG.

A quel punto ha iniziato a incuriosirmi anche ciò di cui parlava e il modo in cui lo faceva.

Donata sui suoi social parla di comunicazione (soprattutto no profit e sociale). Ha una “strana” fissazione per l'attivismo e per le cause sui diritti umani (#cipassalafame) e ancora più assurdo, una vera passione per i dati. Founder e preside della dataninja school rende accessibile la lettura dei dati anche ai meno avvezzi.

PS fa anche un altra cosa che per me non sta né in cielo né in terra....corre.. addirittura maratone!

Ovviamente non in questi giorni dove è alle prese con un altra faccenda impegnativa, la seconda gravidanza 😊

 

       

Come ti è venuto in mente di mettere in relazione i dati con le persone? Numeri e persone sembrano molto distanti.

Credo sia stata proprio la mia passione per lo sport e gli allenamenti fatti per preparare le maratone: i dati che producevo mi raccontavano cose di me che non avrei mai “scoperto” se non avessi guardato quei numeri.

Per esempio, che potevo superare la paura della fatica dei duri allenamenti perché in effetti i miei dati confermavano che ero brava sulle lunghe distanze, o i test fatti in palestra col mio allenatore dimostravano che potevo andare oltre la mia velocità “su strada”. A volte basarsi solo sulle “sensazioni” è limitante.

Poi, ovviamente, galeotta è stata anche Giorgia Lupi, information designer italiana che si è fatta portavoce del data humanism, l’umanesimo dei dati, svelando come ogni nostra azione, pensiero, attività possa essere osservato sotto la lente quantitativa e questo approccio non ne riduce la poesia e l’umanità.

Cercate e fatevi ispirare dal suo Dear Data, 52 cartoline disegnate a mano, insieme alla designer Stephanie Posavec, con cui ha scambiato una fitta corrispondenza basata sui dati per un anno intero.

Sei la fondatrice di Dataninja School: secondo te c'è una relazione tra pregiudizi e incapacità di comprensione dei dati?

Posso capire i dati e comunque avere pregiudizi nell’usarli e citarli: si chiama cherry picking, letteralmente “scegliere le ciliegie migliori”, e ci caschiamo tutti. Soprattutto quando vogliamo raccontare qualcosa di cui siamo molto appassionati e convinti andremo a cercare aneddoti, esperienze e dati che confermano la nostra tesi.

Se c’è qualcosa che potrebbe metterla in dubbio...li evitiamo, così come lasceremmo nel piatto le ciliegie che non ci attirano troppo.

Comprendere i dati però ci aiuta a svelare e scoprire questi escamotage quando sono usati da altri, e mi sembra una competenza fondamentale in democrazia.

 

Ultimamente in Italia si parla tanto di opendata, secondo te come mai non si riesce ad avere dati trasparenti?

Guarda magari la trasparenza c’è. Nel senso che l’Italia regolamenta per legge i dati aperti (dati pubblici in formato riutilizzabile che possono essere scaricati, analizzati e sfruttati per libero scopo, anche commerciale), ci sono tanti cataloghi pubblici con dataset pronti da usare, ma non è un sistema che viene applicato di default per tutti i settori o in tutte le situazioni, come per esempio quella della pandemia.

Secondo me sarebbe utile avere sempre più persone consapevoli dei propri diritti su questo, in modo che possano fare pressione sulla politica perché la trasparenza non sia solo una “vetrina” in cui racconto sui social o con un report in pdf cosa sto facendo con i soldi pubblici, ma un vero processo partecipato dove cittadini e cittadine siano consapevoli di ogni “riga di dati” che li riguarda.

Un consiglio che daresti a chi vuole intraprendere una strada simile alla tua.

Appassionarsi a un angolo particolare del tema dei dati e studiarlo in ogni forma, guardare video, leggere libri, stalkerare persone che se ne occupano e farvi aiutare ad approfondirlo. Non spaventarsi della complessità o della fatica, come nella maratona.

Il nostro motto è scarpe easy per vite felici...il tuo?

Great stories happen to people that can tell them, che è una citazione del conduttore radiofonico statunitense Ira Glass: grandi storie capitano alle persone che sanno raccontarle.

Mi piace comunicare e raccontare tutto quello che faccio per coinvolgere gli altri, se scopro una cosa che mi appassiona non riesco a tenerla per me.

Questo è il motivo per cui ho sempre trovato lavoro e clienti, e perché anche con i dati ho convinto persone molto refrattarie a iniziare a studiarli: ti travolgo con l’entusiasmo, non puoi scappare.

 

Una cosa che non ti ho chiesto a cui avresti sempre voluto rispondere.

Come abbinare scarpe rosa a una maglia giall…” no scherzo. Sono molto grata tu non mi abbia chiesto niente di scarpe o vestiti, sono anche molto grata che tu faccia scarpe così belle: la mia pigrizia da shopping è tale che una volta trovata una marca che mi piace io compro TUTTO il catalogo. Se poi è 1) imprenditoria femminile 2) sostenibile, e vabbè, fedele a vita.

Ah, ecco la domanda! “Donata, occuparsi di dati è femminista?” Sì, perché i dati possono essere utili ad abbattere la piramide sistemica delle oppressioni, se li usiamo per riconoscere i privilegi e mostrare situazioni di ingiustizie invisibili. Grazie per avermelo fatto dire!

 

 

Foto Elena Mancini

 

 

 


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